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LE ANTICHE MURA COMUNALI E CARRARESI DI PADOVA
Alessandro Giuriatti
     
 

La città di Padova, nel suo sviluppo secolare, ha conosciuto diverse configurazioni morfologiche, che ne hanno influenzato e condizionato l’esistenza stessa.
L’attuale “forma urbis” è il frutto di notevoli mutamenti che hanno sviluppato l’insediamento primigenio ingrandendolo ed adattandolo ai tempi e alle necessità sociali. Purtroppo nella lunga storia della città, molti manufatti sono andati persi in seguito a ricostruzioni o a sovrapposizioni e, non dimentichiamo, anche a deliberate demolizioni: non da ultime le demolizioni di una porzione di Mura Medievali in Riviera Tito Livio attuate negli anni Cinquanta e Settanta. Fortunatamente le tracce rimaste di vaste porzioni di Mura ormai scomparse ci consentono di ricostruire il tracciato nei punti mancanti.
Per avvicinarci alla definizione della città in base al suo sviluppo epocale, si può presupporre di iniziare l’analisi dalla parte più antica, dove già in epoca paleoveneta erano presenti piccoli villaggi sull’ansa del Brenta, corrispondente all’odierna parte centrale del centro storico con la sua caratteristica forma “a goccia”.
Per meglio capire i suoi “confini” consideriamo come barriera ideale ad Est le due Riviere Tito Livio e dei Ponti Romani, a Nord Riviera Mugnai, ad Ovest il Tronco Maestro per tutta la sua lunghezza, con Via Tolomei e Riviera Albertino Mussato, fino al ponte di S. Agostino. Giunti al Castello, il percorso ideale lambisce le sue mura, supera la Torlonga per poi piegare a Sud lungo il canale di S. Michele lungo Riviera Tiso da Camposampiero fino ad incontrarsi al Ponte delle Torricelle con Riviera Tito Livio.
Sappiamo con certezza che in epoca romana era presente una fortificazione in pietra sempre ai bordi della suddetta area, come testimoniano i ritrovamenti in Largo Europa al piano interrato dell’edificio che si trova tra la Torre Medoacense e l’Hotel Europa, e al Castello, come si può notare esaminandone la base specialmente sul lato Ovest, prospiciente il Tronco Maestro. Sicuramente le costruzioni in pietra di questa epoca non coprivano tutto il perimetro dell’abitato, ma solo le parti ritenute strategiche per la difesa della città: in questo caso i resti ci dicono che i punti più a Nord e a Sud dell’insediamento avrebbero avuto delle costruzioni difensive in pietra. Il resto dell’apparato era invece costituito da palizzate e terrapieni.
In epoche successive il Libero Comune di Padova, dal 1195 fino alla calata di Ezzelino III da Romano nel 1237, inizia a costruire, su un tracciato preesistente, una cerchia di mura che racchiude la parte più centrale ed antica della città.
I soli tratti di mura costruiti, delimitano in alcuni punti la summenzionata “goccia” del centro storico: il tratto edificato nel 1195 va dal Ponte di S. Leonardo al Ponte di S. Giovanni delle Navi, lungo l’attuale Riviera Albertino Mussato. E’ del 1210, invece il tratto che va dalla scomparsa Porta delle Torricelle fino alla chiesa di S. Michele, lungo l’attuale canale di San Michele e lungo Riviera Tiso da Camposampiero.
Senza le documentazioni e i disegni realizzati principalmente dal Dotto e dallo Squarcione che ci sono pervenuti, sarebbe più complesso ricostruire idealmente come doveva apparire Padova in epoca comunale.
Se si potesse immaginare una ricostruzione ideale, si dovrebbero prendere come esempio le mura di Montagnana o di Cittadella: una chiara testimonianza della Padova del ‘300 si può vedere raffigurata anche all’interno della Basilica di Sant’Antonio, nella Cappella del Beato Luca Belludi affrescata da Giusto de’ Menabuoi nel 1382.
Le mura comunali sono caratterizzate da un perimetro alto e non molto spesso, intervallato da svariate torri, che non sono altro che le porte di accesso alla città: se ne contano 19 di cui le 4 più importanti, poste in corrispondenza dei punti cardinali, sono denominate porte “regales”. L’altezza della muraglia è di circa 8-10 metri e lo spessore di circa 2-3 metri.
Le mura sono realizzate con un sistema cosiddetto “a sacco”: le facce interna ed esterna sono ordite con corsi orizzontali di massi in trachite, spianati sulla faccia esterna e sbozzati su quella inferiore, ma raramente squadrati, alternati con un corso di mattoni non sempre continuo, che ha la funzione di riempimento e di spianamento per il corso successivo; lo spazio tra le due pareti è riempito con un impasto molto compatto di malta di calce mista a brecciame in trachite. L’insieme risulta essere molto resistente e solido, tant’è che quando una parte della fortificazione è stata demolita nei pressi di Porta Altinate, nel 1965, gli operai con i perforatori pneumatici hanno avuto non poche difficoltà.
Durante la dominazione ezzeliniana, dal 1237 fino alla cacciata nel 1256, per opera dei Crociati, i lavori si concentrano nella zona del Castello: oltre che edificare la struttura del Castello, che poi viene solamente rifinito e migliorato dai Carraresi, Ezzelino provvede allo scavo della “fossa” attorno al Castello. Ancora oggi, nonostante la pavimentazione di Piazza Castello impedisca la lettura del tracciato della fossa lungo i lati Nord ed Est, all’esterno, da Riviera Paleocapa si riescono a vedere i resti della bocca di immissione. Si trova circa ad un centinaio di metri a Sud del ponte Sant’Agostino. Per poter vedere la bocca di emissione, invece, bisogna spostarsi su Riviera Tiso da Camposampiero.
Le dimensioni del Castello, di foggia quasi rettangolare, sono quelle odierne: 75 metri circa ad Est, 85 metri circa ad Ovest, 95 metri circa a Nord e 130 metri, compresa la Torlonga, a Sud.
Nel 1318 con Giacomo Da Carrara inizia la Signoria Carrarese.
Circa dieci anni dopo l’instaurazione dei Da Carrara, sotto la Signoria di Marsilio Da Carrara, inizia il completamento e l’ampliamento delle mura cittadine.
Dal 1329 al 1338 sono costruiti due tratti: da Porta della Trinità o di Codalunga a Pontecorvo e da Porta del Businello al Soccorso a S. Michele. Questo ultimo tratto in realtà è parallelo al precedente di epoca comunale che però viene mantenuto.
Nel 1337 parte anche la costruzione del tratto da Porta Saracinesca a Porta Savonarola.
I Da Carrara rendendosi conto che la città di Padova si sta sviluppando come crocevia di traffici sempre più importante, sentono il bisogno di poter avere una difesa adeguata e decidono di munirla di una cerchia completa. La grande espansione delle zone abitate anche al di fuori del vecchio anello non permette più un’adeguata protezione in caso di assedio.
E’ importante a questo punto ricordare che il nuovo perimetro della città attestato alla fine del 1300 non si discosta molto da quello delle mura veneziane: a tal punto si sono sviluppati i quartieri esterni alla cerchia Comunale che si decide di ampliare l’area murata inglobandoli nella nuova cerchia.
Il metodo usato per ingrandire l’area murata riveste una certa importanza sia per le permanenze morfologiche nel tessuto urbano, sia per averci trasmesso una testimonianza delle tecniche militari medievali.
Le teorie belliche trecentesche, prevedono che l’insediamento murato sia diviso come in tanti recinti chiusi da porzioni di mura per impedire al nemico un’avanzata troppo veloce all’interno della città nel caso che si riesca ad aprire una breccia in una delle parti più esterne. In questo modo non era facile avvicinarsi al Duomo o alla Reggia che si trovano ben protetti al centro.
A Padova si possono contare cinque “recinti” che per semplicità riassumo con i nomi delle emergenze che si trovano al loro interno:

1 - Santa Croce, Santa Giustina e Prato della Valle;
2 - Duomo e Reggia Carrarese;
3 - San Giovanni delle Navi, San Benedetto, San Leonardo e Carmini;
4 - Eremitani, Santa Sofia e Sant’Antonio, con un’appendice a Santa Maria in Vanzo;
5 - San Massimo, Ognissanti e Portello.

A partire dal 1338, a Padova si innalzano cantieri per la costruzione della Reggia Carrarese (1338 – 1343) e per la sistemazione e l’abbellimento del Castello.
Ubertino Da Carrara, dopo la morte di Marsilio nel 1338 e fino al 1345, completa i lavori da lui iniziati quasi dieci anni prima, come il tratto da Porta Saracinesca a Porta Savonarola.
Un’altra importante cortina viene innalzata a Nord da Porta Savonarola ai Carmini con una sola porta di accesso dall’esterno: Porta della Trinità o di Codalunga. Da qui si continua l’opera fino a Porciglia.
Nel 1339 si edifica il Traghetto che collega la Reggia Carrarese alle mura sull’attuale Riviera Albertino Mussato: è un passaggio soprelevato che consente una rapida fuga dei Signori di Padova verso il Castello in caso di pericolo.
Alla morte di Ubertino nel 1345 la reggenza è affidata fino al 1350 a suo nipote Giacomo II Da Carrara.
Dal 1354 al 1388 è Francesco I Da Carrara il Signore di Padova.
Sotto la sua Signoria si realizza la terza linea di fortificazioni che ingloba i borghi di Santa Croce e di Ognissanti.
Nel 1372 ha inizio la costruzione del tratto Est che va da Pontecorvo a Santa Giustina, passando dietro gli orti dei frati di S. Antonio lungo il canale di S. Chiara.
Il Castello dal 1374 al 1378 subisce forti opere di sistemazione e di abbellimento, così come viene restaurato anche il Traghetto. Sempre nel 1374 è rinforzato il tratto dai Carmini a Porciglia e si realizza la cortina da Ognissanti al Portello Vecchio.
Nel 1376 ha inizio la costruzione della mura da Porciglia a Ognissanti e così pure dal Portello Vecchio al Ponte Peocioso, dove troviamo i mulini sul canale di Santa Sofia. E’ della stessa epoca anche il Ramo Interno di Santa Sofia che divide il borgo Ognissanti da quello di Santa Sofia.
La chiusura a Sud da Santa Croce a Porta Saracinesca, è coeva. La nuova Porta Santa Croce presenta, come risulta nella veduta quattrocentesca dello Squarcione, un recinto sormontato da una torre ottagona.
Alla morte di Francesco I nel 1388, seguono due anni di dominazione Viscontea, scalzata da Francesco Novello Da Carrara che riconquista Padova nel 1390.
L’ultimo signore della dinastia Carrarese è Francesco II, che regna fino al 1405.

La “forma urbis” che oggi possiamo rilevare da una semplice analisi di una mappa odierna, risente decisamente dell’assetto dato dopo il 1509 sotto la dominazione veneziana. Infatti, le mura cinquecentesche che si possono ancora oggi vedere anche lungo le circonvallazioni cittadine, sono le ultime, le più recenti, come costruzione. Quindi sono da considerarsi come una sorta di “chiusura” della città, che non si è sviluppata oltre il loro perimetro se non nel secolo scorso.
Può sembrare strano che una città come Padova in più di trecento anni non abbia cambiato sostanzialmente forma, ma tutto ciò si può comprendere considerando che esternamente alle mura vi era, secondo le teorie rinascimentali, il guasto, cioè una vasta area completamente priva di costruzioni o alberi: questo per impedire ad un eventuale assediante di trovare riparo dal contrattacco padovano. Un tale assetto territoriale, dettato da pura utilità bellica, però ha resistito bene fino ad epoche moderne: solo negli ultimi 150 anni si è visto un progressivo inurbamento del guasto, oggi totalmente assente.
Le fortificazioni veneziane vengono realizzate sulla falsariga del tracciato Carrarese che comprende anche aree destinate alla coltivazione, molto utili in caso di assedio, con rettifiche e ampliamenti non consistenti: secondo alcune ipotesi, il tratto Ovest delle mura veneziane sembra essere una semplice rettifica del tracciato esistente. Quindi, per motivi prettamente bellici come l’introduzione delle armi da fuoco capaci di sfondare facilmente una muraglia medievale alta e sottile, le mura edificate dal 1337 al 1388 sotto la Signoria dei Da Carrara, vengono in alcune parti smontate per ricavare in breve tempo materiale da costruzione per le nuove mura basse e larghe, in altre parti semplicemente sovrapposte. I tratti superstiti all’interno del nuovo perimetro, poco per volta vengono inglobati dalle abitazioni e dal tessuto urbano in trasformazione durante i secoli, anche se non completamente. Questo non vuole dire che le mura Carraresi siano oggi scomparse: ne restano ancora vasti tratti in evidenza e altri nascosti alla vista, ma presenti nei cortili o lungo le adiacenze nelle proprietà private di alcune abitazioni.
Alla luce di queste considerazioni si può concludere affermando che in realtà il tessuto urbano di Padova ha sempre avuto una matrice incancellabile legata alle mura, che ha permeato e condizionato nei secoli il modo di gestire gli spazi e le strutture insediative, fino, purtroppo, agli scriteriati sventramenti e demolizioni attuati a partire dai primi anni del ‘900, dove l’attenzione alla figura dell’uomo come riferimento per lo sviluppo della città ha lasciato il posto alla speculazione e all’incuria, prime cause della cattiva qualità della vita.

Uscita nr. 77 del 20/02/2017