:: ARCHITETTURA | ||
IN BILICO TRA MODERNITÀ E TRADIZIONE: VICO MAGISTRETTI E L’ARCHITETTURA |
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Nei primi anni Cinquanta le insistenti aspirazioni al mito americano del “grattanuvole”, che già tra le due guerre solleticavano l’ego della facoltosa e abbiente borghesia milanese, sono accolte e interpretate da molti architetti: nasce così una celebre serie di torri che delinea un profilo decisamente moderno per la città industriale lombarda in via d’espansione. Magistretti contribuisce al tema dello sviluppo verticale con almen
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Il palazzo ad appartamenti di piazzale Aquileia, costruito tra il 1962 e il 1964, rappresenta il terzo e ultimo livello nell’evoluzione del tipo edilizio a torre. L’intervento sorge su un’area dov’era stata prevista la costruzione di due edifici: uno esterno, di completamento al piazzale, l’altro arretrato all’interno di un giardino. Il corpo affacciato sulla piazza segue la tipologia del blocco residenziale con appartamenti di grandi dimensioni, servizi rivolti su strada, camere e soggiorni aperti sul giardino condominiale. La torre si presenta invece estremamente articolata, consentendo parecchie variazioni nel taglio degli appartamenti. I nove piani fuori terra, alti in tutto trenta metri, sono caratterizzati da ampie finestrature che movimentano i prospetti, grazie anche allo svuotamento dell’angolo, tema caro a Magistretti. Al centro di un corpo scala di calcestruzzo armato con andamento a conchiglia è posto un ascensore di forma circolare che porta sul tetto piano della torre, dove era prevista una piscina che non viene però costruita.
Questi progetti provocano un generale scompiglio e i loro ideatori vengono “scomunicati” per aver presentato opere troppo dense di riferimenti al passato, alla tradizione dei luoghi e al rapporto con l’ambiente circostante. Tali polemiche rappresentano in un certo modo l’emblema della crisi profonda che in questi anni investe la nota istituzione, fino ad allora indiscussa protagonista del dibattito intorno all’architettura. Il progetto per la villa Arosio era nato circa tre anni prima del Ciam di Otterlo, nell’ambito del piano urbanistico per la Pineta di Arenzano ad opera di Gardella, Zanuso e Veneziani. Questo edificio assumerà nella carriera di Magistretti un valore simbolico innegabile, determinando una significativa evoluzione del suo linguaggio compositivo in direzione di una maggiore articolazione dei volumi e delle piante. L’impianto della casa per vacanze, rispettando l’andamento irregolare del terreno, sembra impostato sul rapporto tra due elementi rettango
![]() Negli anni del boom economico il linguaggio e lo stile di Magistretti sono del tutto maturi e l’architetto ha ormai abbandonato il tema dell’abitazione popolare, per seguire la sua più congeniale vocazione di interprete della nuova borghesia urbana, che desidera case di villeggiatura e luoghi per il relax e lo sport immersi nel silenzio della natura. Nel 1958 Magistretti e Veneziani ottengono la commissione per la nuova sede del Golf Club di Carimate e ne studiano l’impianto generale progettando sia l’area a verde con campi da tennis e galoppatoio, sia la club house con gli ambienti di servizio e la grande piscina dalla particolare forma ad “innaffiatoio”. L’edificio principale è dotato di tre gruppi di spogliatoti al piano inferiore, una segreteria, un ristorante con grandi terrazze e una sala di lettura al piano superiore. La pianta ad L è studiata per conformarsi all’andamento del terreno e per rispettare i grandi alberi preesistenti. Nel susseguirsi di livelli che gradatamente conducono dall’ingresso verso il ristornate, la club house sviluppa temi fondamentali e modi compositivi riconducibili all’esperienza di casa Arosio, come i dettagli di definizione degli angoli, le lunghe finestre a nastro verticale negli spigoli e la giustapposizione dei volumi. Nella prima metà degli anni Sessanta l’attività di Magistretti è completamente assorbita dai progetti di svariate country houses per la committenza alto borghese. La casa Bassetti ad Azzate, del 1962, sorge su un’altura boscosa non distante dal lago di Varese. Il progetto, che si sviluppa su tre livelli adattandosi al terreno scosceso, mira al rispetto della particolare natura del luogo. La pianta presenta una complessa articolazione con notevoli dislivelli: due elementi di risalita autonomi servono le diverse zone della casa. Sul lato nord-ovest le camere dei ragazzi sono distribuite a ventaglio, proiettate verso l’esterno come speroni, a spigolo vivo. Questa zona è coperta da un tetto piano con giardino pensile e, man mano che l’edificio si sviluppa a gradoni, questo diviene una terrazza-giardino per i locali sovrastanti. Casa Schubert a Ello, detta “Il Roccolo”, è realizzata nello stesso biennio e propone nuovamente il disinvolto revival dell’abitare nella natura: rispettando le caratteristiche del luogo prescelto per la costruzione, Magistretti raggiunge una perfetta integrazione tra l’architettura ed il Nel decennio successivo Magistretti affianca sempre di più all’attività di architetto quella di designer, progettando arredi e oggetti che diventano ben presto classici della produzione contemporanea. Nel 1967 riceve il Compasso d’Oro per la lampada Eclisse, conferitogli una seconda volta nel ’73 per la sedia Maralunga e una terza nel ’77 per la lampada Atollo. Nel 1978 l’Università Statale di Milano lancia un concorso per la realizzazione della nuova Facoltà di Biologia. Il lotto messo a disposizione è adiacente al Politecnico, dunque compreso in un’area caratterizzata, sin dai primi anni del secolo, dalla presenza di un importante polo scientifico universitario. Nel bando di concorso, vinto da Magistretti e Francesco Soro, è specificata la necessità di una suddivisione funzionale delle due attività predominanti dell’edificio: la didattica e la ricerca. Questa distinzione è espressa dai due progettisti tramite l’efficace dialettica tra i volumi alti, destinati ai dipartimenti e ai laboratori, e i volumi più bassi, generalmente occupati dalle aule. Le tre torri con copertura di rame “a piramide” conclusa da quattro camini cilindrici, conferiscono particolare riconoscibilità all’intero complesso. Due di queste torri raggiungono i sette piani mentre la terza si abbassa di un livello, ma in tutti e tre i casi le dimensioni delle aperture e dei relativi serramenti si riducono della metà dal terzo piano in su. Completa l’intervento il corpo basso, di impianto semicircolare, con copertura radiale di lastre in rame alternate a lucernai. Questo edificio ospita un’aula a gradoni con 300 posti, una più ridotta con 100 e altre tre minori. Gli spazi interni sono percorsi da setti semicircolari e scaloni di calcestruzzo armato ad andamento curvilineo. Il sistema degli impianti specifici destinati ai laboratori corre in parte a vista lungo i soffitti e in parte all’interno di arredi tecnici modulari, appositamente predisposti. Nel sottotetto delle torri sono invece installati gli aspiratori e gli impianti generici di funzionamento dell’edificio. Infine, la struttura di calcestruzzo armato a elementi prefabbricati si manifesta all’esterno con travi, solette e pilastri leggermente aggettanti rispetto alla superficie del prospetto, verniciati di rosso. La facoltà è terminata e operativa già nel 1981. Nel 1986 Magistretti affronta un tema nuovo, particolarmente interessante poiché lo riporta a studiare soluzioni intelligenti e funzionali per ridurre al minimo gli sprechi: il nuovo centro di elaborazione dati della Cassa di Risparmio di Bologna deve nascere dalla rifunzionalizzazione di una preesistenza industriale, l’ex deposito Alfa Romeo. Il progetto realizzato sfrutta le caratteristiche modulari del vecchio edificio prefabbricato, riproponendone l’andamento perimetrale. Il complesso si sviluppa partendo da un volume centrale a impianto quadrangolare di un solo piano e delle stesse dimensioni della struttura originaria, cui si affiancano due edifici multipiano destinati ad accogliere le funzioni di supporto alle attività del centro. Il senso di estrema compattezza che permea l’intero progetto è ottenuto anche grazie al diffuso utilizzo di materiali quali il calcestruzzo armato a vista, nella struttura e nei tamponamenti, e il rame per le coperture. Il rapporto con l’area semiagricola circostante è stato molto curato dall’architetto, che ha previsto la sistemazione del verde anche all’interno dell’ex capannone, utilizzando grandi finestrature per mettere in relazione gli ambienti interni con l’esterno. Dagli esordi nella Milano della ricostruzione alla vocazione di interprete del raffinato gusto alto borghese, dalle brillanti incursioni nel campo del disegno industriale ai progetti per grandi complessi di ricerca e sviluppo, le esperienze di Magistretti hanno segnato il percorso di un’esistenza professionale veramente unica. Questi progetti, con la loro multiforme sembianza stilistica, riflettono la perfetta semplicità di un modello archetipo.
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Uscita nr. 70 del 20/12/2015 |