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UNO SGUARDO SUL DOMANI: IL MATERIALE DELLE MERAVIGLIE
Anna Valerio

     
 

Risultati immagini per display grafeneNel 2010, solo 6 anni dopo la loro scoperta, Andre Geim e Konstantin Novoselov, fisici dell'Università di Manchester, sono stati insigniti del premio Nobel per la Fisica per “la loro rivoluzionaria scoperta sul grafene e la sua applicazione per realizzare un transistor”. Un tempo straordinariamente breve per capire e premiare quella che oggi è ben più di una speranza di rivoluzionare il nostro mondo.

La scoperta era avvenuta, come spesso succede, quasi per caso quando i due scienziati, dopo aver rimosso da un blocchetto di grafite un piccolo strato con un normale nastro adesivo, ne misurarono le caratteristiche elettriche e scoprirono che ciò che avevano di fronte era un ottimo conduttore. In una struttura cristallina ordinata il comportamento elettrico, quindi la conduttività, risente del fatto che gli elettroni, non più liberi di muoversi come in una struttura amorfa, devono “saltare” da un atomo ad un altro. In qualche modo in un cristallo si trovano quindi “vincolati”. Più il cristallo è reticolare più gli elettroni sono costretti; ne consegue che il diamante è un isolante mentre la grafite (sono entrambi carbonio o, per meglio dire, due diversi stati allotropici del carbonio) è un semi-conduttore. Invece nel grafene gli elettroni hanno una mobilità molto elevata e si comportano quasi come se non avessero massa; questo materiale ha, a temperatura ambiente, la più alta conducibilità elettrica che si conosca quindi ha un consumo energetico molto ridotto. E’ flessibile, trasparente ma molto resistente e, essendo carbonio, è compatibile con il mondo biologico.

È parente stretto del diamante del quale non ha il fascino immediato ma, come abbiamo visto, forse alla lunga lo surclassa. Come è possibile? Per comprendere le proprietà della materia sono cruciali la disposizione degli atomi e le simmetrie. Nel diamante, che è trasparente e durissimo, gli atomi di carbonio formano un reticolo cristallino a otto facce: un ottaedro. La grafite invece, quella delle matite, è grigia, opaca e duttile e i suoi atomi sono disposti in piani paralleli. Il grafene è uno di questi piani ed è a due dimensioni, cosa che fino a pochi anni fa era ritenuta impossibile in quanto non si pensava che alle nostre temperature ambiente potessero esistere materiali stabili in due dimensioni. Invece gli atomi di carbonio del grafene si dispongono proprio in unico strato a nido d’ape, e lo spessore dello strato è inimmaginabile, basti dire che per raggiungere un millimetro di spessore servirebbero tre milioni di fogli. Ne risulta una struttura più dura del diamante, capace di trasportare gli elettroni meglio del silicio e naturalmente del rame, in grado di catturare la luce e trasformarla in elettroni, trasparente sì ma così densa da non essere attraversata neppure da una corrente di elio.

Fino dal 2007 è stata l’Università di Varsavia, nello specifico l’Istituto di Tecnologia per i Materiali Elettronici, la sede più importante di studio dei metodi di produzione a basso costo ed alta efficienza del grafene. Oggi sono loro ai primi posti nel mondo nella ricerca su questo materiale grazie anche ai sostegni cospicui dati dal governo che ha compreso in fretta il ruolo strategico di questo materiale.

Grafene, dunque ma di che cosa stiamo parlando?

Oggi si può affermare, senza tema di esagerare, che si tratta del materiale più avanzato che finora sia mai stato concepito sul nostro pianeta. Rivoluzionario come fu a suo tempo la plastica, apre prospettive fantastiche per l’umanità. Nonostante sia estremamente sottile e leggerissimo, il grafene è, per esempio, cento volte più resistente dell'acciaio. Ricordando un po’ di chimica: il Carbonio è un elemento caratterizzato dalla capacità di formare 4 legami con atomi uguali o diversi e, nel caso specifico, la desinenza –ene sta ad indicare che gli atomi di carbonio si legano tra loro in un’organizzazione spaziale a formare esagoni con angoli di 120°; in linguaggio tecnico si parla di ibridazione sp2.

Il grafene dunque è fatto di carbonio, proprio come la grafite che ci risulta più comune in quanto, per esempio, la ritroviamo nelle mine delle matite e proprio da essa viene ottenuto in laboratorio. Il procedimento di preparazione prevede di trattare, con una soluzione di acido solforico e acido nitrico, i cristalli di grafite che poi saranno ossidati e successivamente esfoliati fino a che non si ottengano dei cerchi bordati da gruppi –COOH. I bordi verranno trattati con cloruri (esattamente cloruro di tionile – SOCl2) che li trasformeranno in cloruri acilici (un atomo di cloro e un acile) e poi in ammidi. Il risultato di questa procedura è quello che si chiama cerchio di grafene, solubile in solventi organici.

Se in questo tipo di struttura si formano pentagoni o ettagoni, anziché gli esagoni detti, si ha una deformazione che comporta nel primo caso una forma conica e nel secondo una struttura planare a sella; tutto questo è subito riconoscibile da increspature in una superficie altrimenti liscia. Quando si organizzano 12 pentagoni vicini la struttura è invece ordinata e prende il nome di fullerene. Va da sé che l'inserimento controllato di tali celle pentagonali o ettagonali permette la realizzazione di strutture molto complesse.

Una delle applicazioni più interessanti è quella di ottenere i nanotubi di carbonio a singola parete che, semplificando, possiamo indicare come dei “cilindri di grafene”. Alle estremità di questi nanotubi si può indurre la formazione di strutture emisferiche, costituite da fogli di grafene contenenti 6 strutture pentagonali, che fungono da "tappo". Il corpo del nanotubo è formato quindi da soli esagoni, mentre le strutture di chiusura sono formate da esagoni e pentagoni. Il diametro di un nanotubo è compreso tra un minimo di 0,7 nm e un massimo di 10 nm. L'elevatissimo rapporto tra lunghezza e diametro (nell'ordine di 104) consente di considerarli come delle nano-strutture virtualmente monodimensionali e conferisce a queste molecole delle proprietà veramente peculiari.

La capacità degli atomi di carbonio di formare, in particolari situazioni, strutture ordinate di forma sferica, i fullereni appunto, era nota fin dal 1985 grazie agli studi del chimico americano Richard E. Smalley che aveva osservato come dopo un rilassamento, essi tendevano ad arrotolarsi su se stessi, dando luogo alla tipica struttura cilindrica chiamata appunto nanotubo di carbonio. Oggi si tende ad attribuire la scoperta dei nanotubi nel 1991 al giapponese Sumio Iijima, ricercatore della NEC Corporation ma in realtà non è così: i primi lavori sull’argomento risalgono già al 1952 e sono ad opera di ricercatori russi, che però avevano pubblicato i loro risultati in cirillico, ostacolandone in tal modo la diffusione in ambito occidentale.

A che cosa si deve l’attuale grande interesse per un materiale tutto sommato noto da tempo?

Perché si tratta di un materiale molto versatile che possiede delle proprietà davvero interessanti. A seconda del diametro del nanotubo, infatti, o della sua “orientazione nello spazio”- detta chiralità – quella caratteristica per esempio della vite che ha un filetto che gira in un senso e non in un altro, o delle nostre due mani che sono una speculare all’altra - il nanotubo può condurre la corrente (come se fosse un metallo) oppure essere un semiconduttore come il silicio (ed essere usato nei transistor o nei led). È chiaro come il mondo dell’elettronica sia davvero interessato a questo materiale per la corsa alla realizzazione di chip sempre più piccoli e veloci.

Ma questo ancora non è nulla.

È un materiale dotato di elevatissima resistenza meccanica che è legata proprio alla sua struttura. Dato che non ci sono difetti nel nanotubo (sono proprio i difetti che diminuiscono la forza necessaria per rompere un oggetto), una fibra sintetica formata da nanotubi di carbonio sarebbe la più resistente mai realizzata al mondo. Si è calcolato che un nanotubo ideale avrebbe una resistenza alla trazione 100 volte più grande di quella di una barretta d'acciaio ma con un peso 6 volte minore, divenendo così il miglior materiale che l’ingegneria abbia prodotto. A questo si aggiunga la flessibilità e la capacità di piegarsi a 90° senza rompersi. Prestazioni molto più elevate, quindi, delle già avanzate fibre in carbonio, del kevlar, delle fibre di vetro. È interessante notare come i nanotubi in presenza di campi elettrici si piegano fino a 90° per poi tornare al loro assetto originale appena il campo elettrico viene interrotto. E la frequenza di risonanza del nanotubo dipende dalla sua lunghezza, dal suo diametro e dalla forma. Già con questa caratteristica si aprono orizzonti fino a poco tempo fa impensabili.

Risultati immagini per display grafene È stato anche dimostrato che, in determinate condizioni, gli elettroni possono passare all'interno di un nanotubo senza scaldarlo (fenomeno detto conduzione balistica). Ecco allora farsi strada le idee di sviluppare nano cavi che ci faranno transitare dalla microelettronica (il mondo del silicio) alla nano elettronica. È stato calcolato infatti che un processore realizzato tramite transistor di nanotubi (cosa che al momento è ancora impossibile) potrebbe facilmente raggiungere i 1000 GHz, superando tutte le barriere di miniaturizzazione e di dissipazione termica che l'attuale tecnologia al silicio impone e, il tutto, abbattendo i costi di produzione.

Oggi il grafene viene considerato "il materiale delle meraviglie", "la plastica del futuro" e c‘è già chi parla di prossima rivoluzione industriale; un po’ il ruolo dei polimeri per la produzione della plastica nel secolo scorso. Tra breve non dovremo più preoccuparci se ci cade il tablet: con il grafene sarà fatto di materiale praticamente indistruttibile e magari, dopo l’uso, lo arrotoleremo per riporlo in tasca oppure lo indosseremo come un accessorio.

Ma il grafene ci darà anche connessioni più veloci, retine artificiali, aerei più leggeri, sequenziamenti di DNA più rapidi, pannelli solari sottilissimi, batterie piccole e compatte molto più durature. Il grafene è, per quanto abbiamo spiegato prima, un materiale idrorepellente quindi, mescolato con polimeri adatti, può essere impiegato come antiruggine, per esempio nella verniciatura dei metalli. Ha anche proprietà termoacustiche e si sta pensando quindi ad un amplificatore di suoni (per esempio per le ipoacusie) che sarà trasparente e molto flessibile.

Un’altra proprietà dai risvolti eccezionali è data dal fatto che scaglie microscopiche di ossido di grafene sono in grado di legare i contaminanti radioattivi quindi potrebbero essere usate in situazioni drammatiche nella bonifica di zone contaminate o in altre più ordinarie per l’eliminazione delle scorie radiattive. Infatti durante l’estrazione dei minerali utili, spesso arrivano in superficie acque contenenti radionuclidi naturali, ossia isotopi dell’uranio e del radio. Ebbene, oggi potranno essere depurati con l’aiuto dell’ossido di grafene. E ciò può essere decisivo per il mantenimento di un qualche equilibrio ecologico nei territori confinanti con i giacimenti. L’ossido di grafene è molto efficace non solo per l’eliminazione dei radionuclidi e per la depurazione dei componenti liquidi dei rifiuti radioattivi, ma anche per l’eliminazione dei metalli pesanti e può essere usato quindi in un qualsiasi sistema di depurazione dell’acqua.

Tramite il grafene si potrà svolgere mille volte più velocemente e a un costo energetico infinitesimale il processo di desalinizzazione delle acque marine: una vera speranza per la vita della terra. Attualmente il metodo più utilizzato è quello ad osmosi inversa che richiede una notevole pressione dell’acqua, che a sua volta richiede una notevole quantità di energia. Da oggi, con membrane di grafene che hanno dimensioni dei pori tali da far passare le molecole d’acqua e impedire il passaggio delle molecole di NaCl, il processo sarà più veloce e sicuro. Il grafene ha proprio fori della dimensione giusta: se fossero più piccoli le molecole dell’acqua non passerebbero, mentre se fossero più grandi, vi passerebbe anche il sale.

Sfruttando la capacità del grafene di rispondere al passaggio di corrente elettrica, si è riusciti a farlo compattare e poi distendere proprio come fa un muscolo durante la contrazione e questo apre la strada alla produzione di muscoli artificiali.

Ancora, se è in forma di schiuma (ottenibile stratificando grafene sopra una specie di spugna in nichel, che poi viene rimossa) si rivela essere un materiale capace di assorbire facilmente alcuni gas, per es. ammoniaca e biossido di azoto, che sono sottoprodotti di diversi esplosivi. Il sensore muta la sua resistenza elettrica, evidenziando in maniera semplice, economica e molto più precisa rispetto agli apparecchi finora commercializzati, eventuali situazioni di pericolo tanto che già si pensa di aggiungerlo nel set di lavoro degli artificieri come rivelatore di presenza di esplosivi. Perfino i giubbotti antiproiettile potrebbero beneficiare di tale materiale che si è dimostrato più resistente del kevlar usato oggi.

Se su uno strato di grafene si distribuisce del solfuro di piombo si ottiene poi un sistema estremamente sensibile alla luce capace di rivelare i fotoni e poi di convertire questo dato in segnale elettrico, consentendo una visione notturna o permettendo, con opportune modifiche, di vedere a chi non ne ha più la capacità.

Alcune applicazioni possono sembrarci fantascientifiche, si parla addirittura di pinze per “afferrare gli atomi”, certo è che si tratta davvero di un materiale totalmente innovativo.

Ma, anche nelle più belle storie c’è spesso un “ma”, alla fine del 2014 arriva un concorrente del grafene, ancora una volta, ahimè, da oltreoceano. È la canapa, che costa 1000 volte in meno all’uomo e al pianeta, e permette, pare, di creare eccellenti supercondensatori e supertrasmettitori. Già si sapeva della versatilità della canapa sia come alimento, che come fibra tessile, capace di ridurre l’inquinamento dei terreni, o usata per produrre batterie vegetali. Questa volta sono i canadesi della University of Alberta ad aver ottenuto sorprendenti risultati creando dalla canapa un nanomateriale con caratteristiche dicono simili a quelle del grafene e minori costi di produzione. Infatti l’unico difetto del grafene sono, per ora, proprio gli alti costi di realizzazione! Il gruppo di ricercatori, guidato dal dott. Mitlin, ha costruito un supercondensatore utilizzando come elettrodi i nanomateriali derivati dai prodotti di scarto della lavorazione dalla canapa e un liquido ionico come elettrolita. E il risultato è stato un superiore ai supercondensatori in commercio, soprattutto per l’intervallo di temperature a cui può lavorare: dal gelo a più di 90°C.

Se dobbiamo credere a questi risultati  la canapa potrebbe proporsi come sostituto a basso costo del grafene anche se non è ancora chiaro quale ne sia la versatilità reale e gli esperimenti a riguardo, dopo una fase iniziale di entusiasmo, pare segnino il passo.

Al momento dell’assegnazione del premio Nobel (2010), si declamavano le caratteristiche del grafene rivoluzionarie dal punto di vista chimico e fisico ma gli esempi di applicabilità erano ancora in molti casi un’incognita. È trascorso solo qualche anno e, come abbiamo visto, la realtà ha superato ancora una volta la fantasia.

Per fortuna la grafite è un materiale diffuso sulla terra, grandi depositi si trovano nello Sri Lanka, in Madagascar, nella Federazione Russa, in Corea del Sud, in Messico, in Romania, in Slovacchia etc. In Italia masse utili sono state evidenziate in Val Chisone (Piemonte) e aggregati modesti anche in Val Bormida (Piemonte) e in Calabria. E’ un minerale di genesi metamorfica, rappresenta l'ultimo prodotto del processo responsabile della formazione dei carboni fossili (resti vegetali che in seguito alla pressione dei sedimenti e all'azione della temperatura perdono componenti volatili e diventano via via sempre più ricchi in carbonio).

Questo materiale così rivoluzionario apre prospettive fantastiche per l’umanità. Gli studiosi che l’hanno scoperto sono stati premiati con il Nobel ma ora la UE ha pensato bene di destinare miliardi d’investimenti ad un progetto di sviluppo che riguarderà la produzione e l’uso su larga scala di questo derivato minerale. Nel 2013 il progetto Graphene è risultato uno dei due selezionati dalla Commissione Europea tra i progetti faro (FET Flagships) di ricerca e sviluppo promossi dall’Unione Europea e sarà finanziato con un miliardo di euro in dieci anni con l'obiettivo di riposizionare il vecchio continente al vertice della ricerca e dell'industria hi-tech. Così l’Europa ha deciso di scommettere sul grafene anche perché si è resa conto di essere rimasta un po’ indietro nella corsa ai brevetti su questo materiale (meno di 500 brevetti in 5 anni, contro i  2204 dei cinesi, 1754 degli americani, 1160 della Corea del Sud). Il timore è che la scienza del grafene sia fatta in Europa ma le applicazioni, e quindi i guadagni, avvengano altrove. Il finanziamento stanziato vuole soprattutto ridare fiducia al vecchio continente e verrà erogato a una cordata di 126 gruppi sparsi in 17 paesi, formata da laboratori di ricerca, enti, università e industrie. Il progetto è guidato dall'Università di Goteborg, ma ci siamo anche noi con il Cnr, Iit (Istituto Italiano di Tecnologia), Università di Trieste, Politecnico di Torino, Politecnico di Milano, Fondazione Bruno Kessler e St Microelectronics. Questo materiale è talmente diverso da qualsiasi altro che non si potrà semplicemente sostituirlo ai vecchi materiali ma si dovranno progettare nuove specifiche applicazioni ad hoc, ecco la ragione di team diversi.

L’idea che in molti accarezzano è dare vita a una Grafene Valley che traini industria ed economia europea nell’immediato, come la Silicon Valley ha fatto per gli Usa. Siamo solo all'inizio ma la scommessa e la speranza sono queste. Alla fine forse è proprio dal carbonio, l’elemento per eccellenza della “vita”, che deriverà la speranza per la scienza e, perché no, anche per l’economia del futuro.

 

 

Uscita nr. 67 del 20/06/2015