:: ATTUALITA' | ||
NAZIONI E RIVOLUZIONE DIGITALE Cesare Granati |
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All’estero l’industria culturale, che oltre alla qualità pensa al guadagno, si sta confrontando con questa grande rivoluzione mediale in modo assai costruttivo. In Germania il gruppo editoriale Alex Springher ha reso nota l’intenzione di cambiare i propri parametri di investimento. Nel prossimo anno, a costo di una iniziale contrattura dei guadagni, gli investimenti sul digitale aumenteranno sensibilmente. Mathis Dopfner, numero uno del gruppo, ha motivato la scelta in base ai numeri. Nel 2012 gli introiti provenienti dalla vendita on-line sono aumentati del 22% a fronte di un netto calo della carta stampata. Il mondo dell’editoria non può farsi schiacciare dai cambiamenti in atto e, mosso da esigenze imprenditoriali, sta lottando intelligentemente per restare una solida realtà anche nell’epoca digitale. La letteratura in Germania ha raccontato il mutare impetuoso della cultura tedesca, il mercato editoriale ha saputo rinnovarsi e ora rappresenta un modello a livello europeo, resistendo economicamente nonostante la crisi, adeguandosi ai cambiamenti tecnologici, continuando ad essere tramite dell’immaginario nazionale. Dall’altra parte dell’oceano l’industria culturale nazionale ha risposto con grande forza alla rivoluzione digitale e, attraverso un medium diverso dal web, ha affermato la validità e l’immutata magia del proprio immaginario. Hollywood, attraverso le decisioni dell’Academy, ha mostrato al mondo che nonostante i grandi cambiamenti economici, politici e tecnologici che l’umanità sta attraversando, la forza dell’America, soprattutto a livello culturale, non è stata intaccata. La lista dei 9 candidati all’Oscar di miglior film rivela la volontà forte della giuria di celebrare il sistema di valori, di storie, di aspirazioni, che ancora saldano il sentimento nazionale statunitense. Dai padri fondatori, agli eroi moderni, agenti segreti impegnati a difendere la nazione; dal sud schiavista all’enclave urbana, simbolo dell’esistenza borghese, con tutti i suoi tumulti e la necessità di un lieto fine. La povertà in cui vivono milioni di americani sublimata dalla fantasia di una bambina, la schiavitù sconfitta da un afroamericano che impara a combattere. Nulla è impossibile ad un individuo motivato e preparato: questo è il sogno americano, ripulito di ogni paradosso attraverso storie controverse ma che terminano tutte con un inevitabile successo. I due intrusi nella lista dei magnifici 9 sono “Amour” (dell’austriaco Michael Haneke) e “Vita di Pi” (di Ang Lee), Oscar come miglior film straniero il primo, come miglior regia il secondo. Due storie che narrano l’amore, infinito e drammatico, ed esaltano l’umanità, la pietà umana che supera confini culturali, religiosi o fisici. Due storie che non intaccano l’immaginario che è necessario difendere e celebrare, non temendo la tecnologia e il cambiamento (gli Stati Uniti sono il polo territoriale che, ancora oggi, irradia le più importanti novità tecnologiche) ma continuando a produrre cultura, memori del propria storia. In Italia l’industria culturale non ha la forza per essere traino del cambiamento e le istituzioni, quali università e accademie, oltre a debolezze economiche hanno limiti storici. Cultura e mondo accademico spesso hanno guardato con sospetto alle novità tecnologiche. Oggi questo non è più ammissibile: ignorare le possibilità infinite date dal digitale a chi deve comunicare un messaggio vuol dire lasciare il popolo in balia di chi mira a sgretolare il tessuto sociale e a far circolare false informazioni. Le Nazioni, pur modificando se stesse, devono rimanere garanti della libertà dei popoli, dei loro valori, della loro storia. Progredire è inevitabile, farlo in modo positivo deriva dalla capacità di conservare la propria storia e la propria cultura, così da rendere il web fonte di benefici ed estraneo a fenomeni degenerativi come l’omologazione culturale, processo alla base di qualsiasi fallimento democratico. |
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Uscita nr. 43 del 20/03/2013 |