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INTOUCHABLES, UNA STORIA VERA SULLA FORZA DEI SENTIMENTI
Cesare Granati

  
     
 

Il film Intouchables, titolo Italiano “Quasi amici”, è stato uno dei film francesi di maggior successo e il più visto in Italia, in tutta la storia del cinema. Il film è uscito in Francia nel novembre 2011, e ancora oggi è in programmazione nei migliori cinema italiani. È tratto da una storia vera, quella di Philippe Pozzo di Borgo, nobile francese rimasto paralizzato all’età di quarantadue anni nel 1992, e del suo badante algerino Abdel. La regia, affidata alla coppia Eric Toledano e Olivier Nakache, è sapiente e offre alla visione dello spettatore una Parigi più viva di notte che di giorno, attraversata dai protagonisti a piedi o in metrò, o sfrecciando a bordo di una Maserati. Gli attori François Cluzet e Omar Sy interpretano rispettivamente Philippe e Driss. Il primo è un paraplegico miliardario, il secondo un ragazzo senegalese (non algerino come nella storia da cui trae ispirazione il film) che è cresciuto nelle banlieue parigine, il ghetto della capitale transalpina. La stampa ha accolto con entusiasmo il film. Le uniche critiche sono giunte da parte di quei giornali che considerano successo di pubblico e qualità del prodotto culturale due concetti in antitesi a priori, in particolare Liberatiòn, i quali hanno accusato il lungometraggio di non dare il giusto peso alle diversità culturali dei due protagonisti. Le code all’entrata dei cinema francesi hanno però dimostrato il contrario: gli abitanti del centro di Parigi e quelli delle banlieue insieme per comprare il biglietto. Il motivo di questo comune interesse sta nel fatto che lo scontro culturale diventa un naturale incontro tra due esseri umani complementari. Entrambi hanno bisogno d’amore, entrambi sono intoccabili: Philippe perché non sente nulla dal collo in giù, Driss perché si sente rifiutato da una società che lo vorrebbe ai margini. La profonda cultura classica del primo e la cultura del ghetto del secondo si fondono, dando vita ad un rapporto indissolubile. Driss è disponibile, anzi desideroso di conoscere; Philippe ha bisogno di ritrovare la spontaneità che la sua prigione d’oro, i conoscenti preoccupati della sua condizione e la sua maledetta sfortuna gli hanno portato via, rendendolo intoccabile non solo nel fisico, ma anche agli occhi di un mondo che lo compatisce e contemporaneamente gli toglie la sua dignità di uomo. Ecco che l’impatto tra due diverse culture urbane diventa il luogo per una rinascita profonda dei due protagonisti che possono finalmente ricominciare a vivere, ricominciare a sentire il mondo dentro e su di loro. La luce, il sole, più che la città, investono i paesaggi extraurbani, l’oceano, la montagna, i luoghi dove un essere umano tende a ritornare per ritrovare se stesso, per ricominciare a sentire, per togliersi quella maschera che ci rende tutti intoccabili nei nostri rapporti dentro le mura delle città. La forza propulsiva dell’amore rende tutto possibile ed era proprio la mancanza di questo a rendere handicappati i due protagonisti. Philippe, rimasto paralizzato per un incidente in parapendio, soffre più per la perdita della moglie che per le conseguenze del suo incidente. Driss ha abbandonato la famiglia in Senegal e vive una situazione familiare borderline, con molti cugini diventati fratelli e una zia poco propensa a concedergli ancora del tempo per mettere la testa a posto. Philippe è felice solo con Driss al suo fianco, un amico più che un badante, poco professionale, per nulla preparato, ma capace di dargli l’amore e la joie de vivre, al contrario di infermieri qualificati e pieni di zelo. Due eroi contemporanei, drammatici ma in grado di vincere le difficoltà. Ecco un altro motivo che rende il film un prodotto culturale di grande successo. Forse in Italia, un Paese dove le differenze culturali tra popolazione autoctona ed immigrati sono ancora abissali, il motivo principale dell’amore del pubblico verso “Quasi amici” deriva proprio dalla natura eroica dei due personaggi. In tempo di crisi ci sentiamo sommersi dai nostri problemi, dalle tasse, dall’incubo della disoccupazione, dal crollo del mito del benessere consolidato durante gli anni ’90. Ci troviamo al cinema e facciamo il tifo per due personaggi sfortunati, comunque più sfortunati di noi. Un paraplegico che ha tutto, una grande casa, successo nel lavoro, un cognome nobile e l’agiatezza economica; e un ragazzo del ghetto, immigrato, che vive in una casa piccola e stracolma di persone, che per sopravvivere ha dovuto imparare a rubare. Un privilegiato ma vedovo e in sedia a rotelle, un uomo che vive una condizione forse peggiore della morte, una condizione che rende i suoi soldi inutili; un povero, un emarginato che non conoscerebbe il benessere comunque, con o senza la crisi. Due eroi che ci fanno sentire fortunati, due eroi che ci mostrano che l’impossibile non esiste. Vai al cinema, ridi per quasi due ore, rifletti sulla condizione umana ed esci dalla sala più forte, più sereno, convinto che la vita sia straordinaria e che non potrà essere il demone della crisi economica a cambiare le carte in tavola.

Intouchables ci racconta della forza dell’amore, dell’amicizia, dell’incontro culturale senza preconcetti, ci ricorda che l’essere umano nonostante tutto, nonostante se stesso, ha la capacità di rinascere, di ricominciare a sentire, perché anche il dolore, la sofferenza, le difficoltà, ci rendono vivi, ci rendono touchable.

 

 

Uscita nr. 32 del 20/04/2012