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VITTORIO MORELLO: LA POETICA DEL COLORE
Luigi la Gloria
     
 

La storia di Vittorio Morello ha inizio a Villafranca Padovana, nei pressi di Padova, dove nasce nel 1909.

La sua spinta all’arte ha certamente avuto origine nei suoi pensieri di bambino poiché sceglierà di frequentare l’Istituto d’Arte e poi l’Accademia delle Belle Arti di Venezia.

Grande ammiratore di Mario Sironi, con il quale partecipa all’allestimento del padiglione italiano dell’Exposition d’Art de Paris nel 1934, Vittorio si troverà a fare esperienze ai massimi livelli della pittura italiana dell’epoca.

Questo fu certamente un grande esordio, ma a lui, uomo dallo spirito libero, non era sufficiente tanto che, dopo queste prime esperienze, si involerà verso quel destino di pellegrino del mondo che lo porterà in Africa, in Sud America e poi su, risalendo il continente attraverso Guatemala e Messico, fino in Nord America per tornare poi brevemente in Italia e subito ripartire per il Messico, paese che porterà sempre nel cuore e che gli ispirerà una fortunata e bellissima linea di opere.

Rientrerà solo nel 1962 per iniziare, da convinto europeista quale era, una tournee che lo porterà ad esporre nelle maggiori città del vecchio continente riscuotendo un successo che lo innalzerà a fama mondiale. E, agli inizi degli anni 70, forse stanco di girare il mondo darà vita, a Padova nel suo studio di via Dante, a una ricca produzione di opere dedicata interamente alla sua terra: il Veneto.

Ma quando il ricordo dei lunghi viaggi, quando le potenti suggestioni provate a contatto con popoli e costumi di terre lontane - talvolta dolci come memorie d’infanzia - gli ritorneranno ancora alla mente egli, con la magia del suo colore, le tramuterà in dipinti suggestivi, a volte talmente evanescenti nella forma da lambire l’astrazione.

La semplificazione delle forme, l’abolizione della prospettiva e del chiaroscuro, l'uso di colori vivaci, intensi e spesso innaturali, l’uso incisivo del colore puro e una netta e marcata linea di contorno sono gli inconfondibili tratti distintivi della pittura del maestro Morello.

Egli, ancora in età giovanile, opera le sue scelte stilistiche aderendo a quelle avanguardie espressioniste che, da una pittura protesa al piacere del solo senso della vista, propria dell’impressionismo, sposta il suo centro di gravità in una visione più interiorizzata dell’animo per giungere alla consapevolezza che l’arte espressiva è lo specchio dell’anima di un artista e il suo fine comunicativo.

Allora ai suoi occhi non avrà più importanza, come nell'arte accademica, il soggetto dell'opera ma esclusivamente la forma, il colore, l'immediatezza.

Partendo da suggestioni e stimoli diversi, ricerca quel nuovo modo espressivo fondato sull’autonomia del dipinto e il rapporto con la realtà visibile non è più naturalistico, poiché egli intende la natura solo come repertorio di segni al quale attingere per una libera trascrizione del suo sentire e del suo vedere.

Si confronta con l’arte del suo tempo e certamente il Sironi della prima avanguardia ha su di lui una qualche influenza che si intravede nelle sue primissime opere, ma ben presto Vittorio Morello trova e definisce la sua propria forma espressiva che si codifica in quel suo inconfondibile cromatismo.     

Morello supera con grande disinvoltura l’equivoco che legava la concezione dell’arte all’imitazione naturalistica della realtà e delle cose ma fa ancora di più: in tempi ottenebrati dall’oppressione di regime, non solo oltrepassa intellettualmente la pittura tradizionale, ma arriva a usare i colori primari in funzione decisamente antinaturalistica; …penso a quelle figure umane, dipinte nel fecondo periodo africano, distorte nelle forme ma essenziali e straordinarie nell’espressione, a quegli alberi viola dei suoi paesaggi accostati liberamente ed arbitrariamente secondo una coerenza insita esclusivamente nell’armonia della sua composizione…

Non si cura della prospettiva e realizza il senso della profondità grazie al contrasto cromatico e alla visione di scorcio su un piano unico.

Insomma, quello che conta davvero per il maestro Morello sono l’immediatezza, la poesia e le suggestioni che riesce ad esprimere nella semplificazione delle forme e nel colore che rende inconfondibile la sua pittura.

Ricordi africani

In queste opere, che potremmo definire Reminiscenze Africane, il Maestro fissa alla tela, come istantanee, ricordi emersi da un remoto luogo della sua memoria dove custodisce quelle intime nostalgie che il tempo ha reso evanescenti come il colore delle fiabe. In questa serie di dipinti, egli trasfigura il ricordo in immagine, tratteggia personaggi e sfondi introducendoli in un progetto pittorico nel quale domina una staticità quasi irreale, sospesa in una dimensione unicamente mentale nella quale, successivamente, il Maestro affranca l’immaginazione dal ricordo.

La stupenda originalità cromatica dell’insieme, benché appaia surreale nella sua elaborazione, risulta perfetta alla vista. Anche le espressioni che il Maestro abbozza sui visi dei soggetti sono racchiuse nella medesima staticità.

Nelle due maternità, realizzate in differenti atteggiamenti, egli esprime in tutta la sua bellezza e con il solo linguaggio del colore il gesto creativo che lega indissolubilmente la natura umana alla vita. Mentre quel senso di ineluttabilità che assegna alle espressioni di ogni sua figura femminile è forse il punto di congiunzione tra la realtà e l’evanescenza del sogno custodito nella memoria.

La luce di un sole, suggerito a volte da scorci di orizzonte, a volte soltanto dalle tonalità accese o attenuate di un colore come a rappresentarne il crepuscolo, scorre lungo una scia cromatica che lambisce una sorta di misticismo nel quale Morello fissa alla tela storia, vita e pensiero di un popolo con il quale ha condiviso anni importanti della sua vita.

E in questa trasfigurazione del reale, egli rivolge sempre lo sguardo alla profondità delle cose per coglierne la verità talvolta persino estraniandosi dai vincoli formali ed esteriori e affidando all’immaginazione e al colore emozioni e sentimenti. 

Il Paesaggio

I paesaggi di Morello sono tutti risolti sul piano della bidimensionalità, offrendo in sacrificio al colore sia la profondità, sia la definizione dei dettagli. Il suo cromatismo, e questo comunque vale per tutta la sua pittura, è certamente quanto di più intenso ed eloquente si possa esprimere in un’opera figurativa. La soggettiva percezione della natura, la cui intensità è pari solo alla potenza del colore, interagisce con l’intima sensibilità dell’osservatore, qualunque siano le sue preferenze o il suo giudizio sull’opera. Al di là di qualsivoglia dibattito sulla natura stilistica ed accademica del Maestro Morello, è imperativo dunque approfondire l’aspetto cruciale della sua pittura, appunto la sua personale teoria del colore. Egli, in un determinato momento, al pari di grandi artisti come Matisse, Cézanne e Gauguin comprende quale rilevanza assuma il colore nella sfera dell’espressione e, da uomo di chiara intelligenza, inizia un cammino di ricerca per definire un modello cromatico idoneo a trasmettere a chi guarda l’interiorità del suo pensiero. Darà in tal modo, nel tempo, una connotazione così intimamente personale al colore che non gli sarà più neppure necessario firmare le sue opere.

Ancora una volta anche nei suoi paesaggi, Morello non dipinge solo quello che appare, ma ciò che prova nel momento creativo. Per lui interpretare la natura in termini cromatici è un’esperienza estatica e mistica che affonda le sue radici persino nella spiritualità mentre le sue creazioni oscillano incessantemente su differenti piani cromatici, ognuno armonizzato intorno a un determinato momento emozionale o emotivo. Dunque colore ed emozione, nei suoi paesaggi, sono legati da uno stretto vincolo paradigmatico.

 Ville Venete

Con queste particolarissime tele, Vittorio Morello con il suo inconfondibile tratto pittorico, vuole dare il via ad una personale campagna di denuncia sulla condizione di abbandono nel quale versavano allora, negli anni ’60-‘70, questi gioielli dell’architettura veneta.

Queste opere pittoriche, prodotte in circa sessanta esemplari, raffigurano quasi tutte le ville presenti nel territorio e, al di là del grande valore artistico, rappresentano la testimonianza del suo impegno pubblico e sono un magnifico esempio di come un grande Maestro, attraverso la voce della sua arte, possa lanciare un appassionato grido di allarme contro il degrado dei nostri patrimoni artistici.

Oltre a ciò, queste incantevoli opere sono espressione della massima maturità artistica del Maestro, il suo canto del cigno, dove la bellezza trasfusa nel colore, trionfa sulla morte. Morello, con questa sua ultima tematica, si congeda dal mondo con un gesto artistico che diverrà emblema della sua pittura.

La suggestiva espressione racchiusa in questi dipinti costituisce il momento decisivo del passaggio dalla ricerca di un’armonia delle tonalità a un’armonia della luce, che, come diceva egli stesso, si genera proprio attraverso relazioni di colore.

In questo suo nuovo modello dell’armonia, l’evoluzione si precisa a partire dal momento in cui i toni si esprimono gli uni attraverso gli altri e la loro somma diviene un insieme assoluto di luce pura. Una luce fisica che Morello converte, poi, in rivelazione interiore.

In questo ulteriore passo verso il suo ultimo rinnovamento, egli trasforma dunque il colore in luce, creando una sorta di nuova materia luminosa sulla quale traspone, attraverso una lotta talvolta tormentosa e appassionata, il suo genio creativo. E quando quella luminosità giunge al suo apogeo e diviene, come in queste incantevoli rappresentazioni del suo pensiero critico, espressione del magico interludio fra buio e luce, l’opera partorita raggiunge un’intensità che soltanto la vera arte è in grado di offrire.

 

Uscita nr. 78 del 05/10/2018