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All’inizio della guerra civile spagnola, la questione di un intervento sovietico nel conflitto si polarizzava principalmente su due aspetti di fatto simmetrici: il primo prevedeva una strategia
del Comintern che avesse in progetto di istruire un regime sovietico agli ordini di Mosca, l’altro
di mostrare al mondo occidentale come l’eroica Unione Sovietica, madre-patria del proletariato, aiutasse in modo disinteressato la Repubblica costituita legalmente da libere elezioni. In realtà nessuna delle due progettualità era realistica benché ambedue fossero perfettamente in linea con le logiche sulle quali si fondava la rivoluzione marxista-leninista. Ma sicuramente la seconda risultava assai più lontana dalla verità.
A partire dagli anni venti, era aumentata la presenza sovietica in Spagna soprattutto sotto forma di propaganda culturale. Il Comintern non aveva fatto nulla di più di rispetto alle consuete azioni dei suoi agenti negli altri stati occidentali: infiltrarsi e aspettare.
Appena ricevuta la notizia del colpo di stato del 18 luglio del 1936, il Comintern aveva raccolto più informazioni possibile dai suoi principali responsabili, in primis l’argentino Vittorio Codovilla
che controllava il partito comunista spagnolo fin dal 1932, mentre le autorità sovietiche esaminavano la situazione. Stalin attese due mesi prima di prendere in esame la possibilità di sfruttare il conflitto in modo di ottenere l’appoggio interno e quello internazionale.
Il Politburo iniziò con l’organizzare grandiose manifestazioni popolari mentre il Comintern avviava una campagna di sostegno internazionale. I cittadini sovietici contribuirono con 274 milioni di rubli per scopi umanitari alla formazione della Repubblica spagnola.
Stalin inviò in Spagna Michael Kol’cov, il più prestigioso corrispondente della Pravda, e due registi cinematografici, Roman Karmén e Boris Makaŝeev. Appena tre settimane dopo il loro arrivo, nei cinema di Mosca venivano proiettati filmati del fronte spagnolo e ogni giorno venivano pubblicati articoli su tutta la stampa sovietica. Il 21 agosto il governo di Mosca nominava Marcel Rosemberg ambasciatore a Madrid e un mese dopo console generale a Barcellona Vladimir Antonov-Ovseenco, il vecchio bolscevico che aveva comandato l’assalto al Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo. Nel frattempo Ilja Ehrenburg, corrispondente di Isvetja, teneva informato Rosemberg sul conflitto politico in Catalogna e sulle lamentele dell’indipendentista Lluìs Companys (*) contro il governo centrale.
Le autorità sovietiche, attraverso i loro servizi d’informazioni, Comintern e NKVD, erano a conoscenza della situazione critica in cui si trovava la Repubblica verso la fine d’agosto del
1936. Il segretario generale del PC francese Maurice Thorez, presentò un rapporto al Comintern, in data 16 settembre, in cui sottolineava la mancanza nella Repubblica sia di un esercito regolare che di una gerarchia militare. In conseguenza di ciò, lo spionaggio militare sovietico predispose un piano di assistenza militare e la creazione di un gruppo di azione, completato il 24 di settembre, cui fu dato il nome di operazione X.
Dieci giorni dopo il ministro della difesa sovietico, Climent Voroŝilov, informò il Cremlino che era stata predisposta la vendita di circa 100 carri armati T-26 e 60 aerei da caccia.
Stalin diede la sua approvazione. Cominciò così il massiccio impegno militare dell’Unione Sovietica nel conflitto spagnolo. Tuttavia una grande quantità di quell’armamento inviato difettava in qualità. Fucili e cannoni da campagna erano spesso in cattive condizioni nonché obsoleti, una batteria di cannoni di epoca zarista divenne addirittura nota come la batteria della Grande Caterina.
Dieci differenti tipi fucili, che arrivavano da otto nazioni, richiedevano sei diversi calibri di munizioni. Alcuni di essi erano stati preda bellica della prima guerra mondiale, altri erano veterani di guerre di cinquant’anni prima.
Inoltre l’ostacolo maggiore per l’impiego di questo materiale era il settarismo dei comunisti che lo tenevano gelosamente a disposizione solo delle loro forze. Oltre ciò, i comandanti sovietici normalmente prendevano le decisioni senza consultare i loro colleghi spagnoli i cui comandanti, nella maggior parte dei casi, erano quindi sottoposti ai russi. Nell’aviazione, ad esempio, Smuckevic, pur rimanendo ufficialmente un consigliere militare, era di fatto il capo di tutta la forza aerea della Repubblica.
Ma una delle questioni più importanti della guerra civile spagnola fu il pagamento delle forniture militari all’Unione Sovietica effettuato con le riserve auree del Banco de España.
Bisogna tener presente che, a quel tempo, la Spagna possedeva la quarta riserva aurea del mondo e questo grazie al suo floridissimo commercio, durante la prima Guerra Mondiale, con tutte le forze belligeranti.
Sembra che sia stato l’economista Arthur Staŝevskji a suggerire al ministro delle finanze spagnolo Jaun Negrin Lopez (***) l’idea di tenere un conto corrente in oro a Mosca quando Madrid era seriamente minacciata dall’armata d’Africa agli ordini di Franco. Questo accordo era la garanzia per l’acquisto di una indeterminata quantità di armi, attrezzature militari e materie prime. L’oro veniva convertito in valuta estera tramite la Banque Commercial pour l’Europe du Nord di Parigi o l’Eurobank, entrambe parte dell’organizzazione finanziaria del Cremlino in Francia. Il 4 luglio Jose Giral (****) autorizzava la prima spedizione a Parigi dell’oro della riserva
spagnola per il pagamento degli acquisti di armamenti francesi.
Quando in Europa fu costituito il Comitato di non Intervento, l ’oro continuava a essere inviato per acquistare armi da altre fonti. Questa situazione cambiò solo nel marzo del 1937 e fino allora erano state complessivamente trasferite in Francia 174 tonnellate, l’equivalente del 34,4% del totale delle riserve auree spagnole.
Il 13 di settembre il consiglio dei ministri autorizzò Negrin a trasferire a Mosca il resto dell’oro e dell’argento del Banco di Spagna. Due giorni dopo, diecimila casse piene dei preziosi metalli partirono dalla stazione di Atocha per il porto di Cartagena e proseguire per Mosca, scortate dal personale del NKVD. La repubblica dovette saldare con il suo oro, in tutto 518 milioni di dollari di quel tempo, per il fraterno aiuto militare dei compagni russi.
E pensare che all’Italia di Mussolini l’aiuto alla Spagna costò 14 miliardi di lire di quel tempo. Una cifra da capogiro in cambio praticamente di nulla. Rimane alquanto complicato comprendere il metodo di calcolo dei sovietici nella valutazione del debito della Repubblica per le armi e altro. Naturalmente Stalin non faceva regali a nessuno e molti dei costi sembra siano stati quantomeno gonfiati. L’unione sovietica sostenne che, stando ai suoi calcoli, all’esaurimento del conto corrente in oro depositato a Mosca e considerando i crediti concessi fino al 1938, la repubblica era in debito di 661 milioni di dollari a fronte dei 518 pagati. Ma le cifre sovietiche non specificavano come fosse stato calcolato il valore dell’oro in rubli e il cambio da rubli a dollari e da dollari in pesatas.
Quando trapelò la notizia del trasferimento a Parigi e a Mosca dell’oro spagnolo, il valore della pesetas crollò sul mercato internazionale riducendosi ameno della metà e il costo della vita salì vertiginosamente. Un terribile onere per un’economia già provata. Il ruolo di Negrin fu di organizzare l’invio dell’oro a Mosca. Egli si avvicinò molto a Staŝevskij, un polacco inviato come addetto economico sovietico. Questi riconobbe subito che Negrin era molto più di un politico
di sinistra e comprese che poteva diventare un elemento portante della politica sovietica in Spagna.
Infatti Negrin credeva fermamente nella centralizzazione sia del potere politico che,
naturalmente, di quello economico.
Negrin e Staŝevskij entrarono presto in contrasto con la Generalitat e gli anarchici di Catalogna a causa del fatto che avevano assunto la supervisone degli affari finanziari. I catalani stanno prelevando milioni di pesetas dalla filiale della Banca di Spagna, riferì il polacco a Mosca. Secondo i due, il fatto che il governo centrale non facesse nulla per l’economia catalana era un aspetto irrilevante.
Il contrasto si estese al Console generale dell’Unione Sovietica a Barcellona, Antonov-Ovseenco a causa delle sue simpatie per Companys e il leader degli anarchici Garcia Oliver che, a sua volta, era fortemente contrario alle ingerenze russe nei ranghi militari della milizia anarchica. Quelle furono le prima avvisaglie di un conflitto di potere tra i partiti che formavano la coalizione repubblicana. Stalin, di cui era nota in quel periodo l’ambiguità nei rapporti internazionali, puntava a instaurare a Madrid un governo comunista centralista che agisse da elemento destabilizzante in Europa ma, per realizzare questo, doveva rafforzare la fazione comunista all’interno della coalizione che era in netta minoranza rispetto ai socialisti, agli anarchici e agli altri partiti della
sinistra. Così ordinò ai responsabili del Comintern di creare brigate di volontari comunisti da inviare nello scacchiere politico militare della Spagna. Questi contingenti erano formati da volontari arruolati in tutti i paesi occidentali e da esuli comunisti di tutto il mondo che
risiedevano momentaneamente in Russia, tutti di provata fede. La selezione degli uomini che non provenivano dall’Unione Sovietica aveva luogo a Parigi.
L’aspetto interessante era che se tra i volontari inviati in Spagna fosse stato trovato, come spesso avvenne, qualche idealista progressista, magari anche democratico, che intendesse combattere per la Repubblica, ma non in nome dell’ideologia politica comunista stalinista, doveva subire un lungo interrogatorio da parte di un rappresentante del NKVD, la polizia segreta sovietica, e subito dopo veniva affidato a un’équipe di medici comunisti perché fosse attentamente valutata la sua salute mentale.
Questo imponente afflusso di fedeli, difensori della fede marxista-leninista, avrebbe dato un sostanziale sostegno alla minoranza comunista spagnola.
L’allora presidente del consiglio, Francisco Largo Caballero, un socialista ortodosso con ampie simpatie per l’Unione Sovietica, comprese subito, a differenza del suo ministro per gli affari esteri Julio Alverez devotamente legato al Cremlino, il pericolo che i volontari inviati da Stalin rafforzassero l’attività del partito comunista ispanico, danneggiando il consenso politico internazionale in un Paese dove, di fatto, vigeva un sistema politico liberale e democratico.
Ebbe inizio così una guerra nella guerra che influenzò in maniera decisiva l’esito del conflitto. Il partito comunista spagnolo che nel 1931, come si diceva, rappresentava una minoranza nell’alleanza di sinistra che aveva vinto le elezioni, ben presto estromise anarchici e socialisti dalla gestione dello Stato, fucilandone a migliaia, imprigionandone altri in campi di concentramento e sopprimendo nel sangue ogni tentativo di rivolta da parte di qualsiasi
compagine politica che non si attenesse alle direttive del PCE e a quelle degli uomini di Stalin.
La guerra volse al termine con la vittoria dei nazionalisti di Franco ma Stalin, uomo
particolarmente vendicativo, fece fucilare quasi tutti gli uomini di spicco che aveva inviato in Spagna a sostegno della causa repubblicana.
* Lluìs Companys Presidente della Generalitat de Catalunya dal 1934 al 1939.
** POUM: Partito Operaio di Unificazione Marxist: partito spagnolo marxista-leninista, filotrotskista e antistalinista nato nel
1935.
*** Juan Negrín López è stato capo del governo dal 17maggio 1937 al 1º aprile 1939.
****José Giral Pereira fondò, insieme a Manuel Azaña, il partito filo-marxista spagnolo Acciòn Republicana. È stato Presidente
del Consiglio dal 19 luglio al 4 settembre 1936
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